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Prima di tutto, errata corrige. Ovviamente il partito comunista cinese non ha 200 anni, ma 90.
Il secondo giorno a Pechino e' cominciato presto, per evitare la ressa (speranza vana) e il caldo (speranza ancora piu' vana). La citta'(che fu) proibita e' la meta turistica principale della citta'e per questo costantemente stracolma di persone, soprattutto gruppi di cinesi che arrivano da tutto il paese per ammirare le bellezze della capitale. Il nome citta' non potrebbe essere piu' appropriato. L'antico palazzo dell'imperatore e' enorme. Si cammina per chilometri e chilometri, e i cortili sembrano non finire mai. Se non fosse per il caldo e le migliaia di persone che ti circondano, si potrebbe forse avere un senso della magnificenza e della quiete che questi luoghi dovevano ispirare nei visitatori di un tempo. Poco di questo sopravvive oggi. Ogni cortile e' trasformato in un mercato, l'accesso alle sale e' precluso e per poter gettare uno sguardo all'interno bisogna affrontare una fila sgomitante e un esercito di cellulari fotografanti. Per fortuna la maggior parte dei turisti si limita a visitare il corridoio centrale della citta' per poi accasciarsi sulle panchine all'estremita' nord. Noi abbiamo deciso invece di inoltrarci anche in uno dei corridoi esterni e finalmente abbiamo potuto godere almeno un poco della bellezza del posto. Uno dei cortili piu' belli era quello del pozzo della concubina Zhen Fei. Zhen Fei era una delle concubine favorite dall'imperatore Guanxu, non solo per la sua bellezza, ma anche perche' condivideva gli ideali liberali e riformisti dell'imperatore. Quando l'imperatore mori', la moglie gelosa, non potendo sopportare la vista di Zhen Fei, la fece gettare in un pozzo dove mori' annegata dopo una lunga agonia. Ora il cortile porta il suo nome e, di fronte al pozzo, c'e' un cartello che racconta la sua triste storia.
Di pomeriggio, dopo un tentativo non riuscito di andare alla muraglia in autobus, siamo andati al Palazzo d'Estate, la residenza dell'imperatore, dove per fortuna c'era molta meno gente e un po' meno caldo, ma nonostante questo, alla fine della giornata, non ho potuto fare a meno di simpatizzare con la decisione dell'imperatore di vietare a tutti l'accesso alla sua residenza.
Il terzo giorno, dopo aver perso il primo treno per Badaling (e preso al volo il secondo), siamo riusciti a raggiungere la grande muraglia cinese. Inutile dire che anche li' la folla non permetteva di lasciarsi andare a romantiche divagazioni, ma almeno il caldo era un po' meno soffocante grazie ad un venticello fresco. Alla stazione abbiamo conosciuto due simpatici americani dell'Ohio (stato in cui, a loro dire, non c'e' nulla se non un ernome parco divertimenti) con cui abbiamo affrontato l'arrampicata. A parte il fatto che sembrava di scalare stando in coda, siamo riusciti a fare qualche bella fotografia e a trovare qualche angolino che non fosse gia' occupato per sederci ad ammirare la vista. Colui che non ha mai scalato la grande muraglia, non e' un vero uomo, diceva Mao Tse Tung. O, come diceva il detto originale, non e' un vero cinese. Comunque sia, alla fine della discesa io e Odd possiamo dire con orgoglio di essere diventati veri uomini (cinesi).Un ultimo aneddoto prima di concludere i resoconti pechinesi: l'ultima sera abbiamo preso appuntamento con i due americani per mangiare in un ristorante famoso per l'anatra nella zona delle ambasciate. Abbiamo preso un taxi dall'albergo, ma dopo circa 20 minuti di zig zag, ci siamo resi conto che il tassista non aveva bene idea di dove stesse andando. Avevamo l'impressione (o meglio Odd ce l'aveva) di essere vicini al ristorante, ma il tassista continuava a girare bofonchiando senza arrivare da nessuna parte. Alla fine si e' scocciato e ha deciso di lasciarci di fronte ad un altro ristorante, ben felice di liberarsi di noi. Noi non abbiamo neanche tentanto di protestare, e, mappa alla mano, abbiamo cominciato a cercare il posto a piedi. Dopo qualche giro a vuoto, abbiamo provato inutilmente a chiedere indicazioni a qualcuno, finche' non siamo stati avvicinati da un rickshaw guidato da una signora che sembrava conoscere il ristorante. Noi ci siamo fidati e nel giro di qualche secondo ci siamo trovati in balia della signora che pedalava a cento all'ora tra le macchine in contromano. Anche lei in realta' non aveva idea di dove fosse il posto, e si e'dovuta fermare a chiedere indicazioni. Dopo di che ha pedalato in tondo per un altro quarto d'ora buono e noi dietro impotenti e incapaci di protestare. Con nostra somma sorpresa la corsa e' finita in una stradina buia che non prometteva nulla di buono, ma che in realta' era esattamente l'indirizzo giusto del ristorante, e si trovava poche a centinaia di metri da dove la signora ci aveva caricato. Irritati ma felici di essere vivi siamo entrati nel ristorante piu' trendy incontrato finora e abbiamo mangiato una fantastica anatra pechinese accompagnata da vino francese. E cosi' abbiamo concluso in bellezza questi tre estenunanti giorni a Pechino. Domani ci aspettano 5 ore di treno super veloce e, si spera, una giornata un po' piu' rilassante a Shanghai.
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eli che belloooo