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Il nostro viaggio in treno e' finito verso le 14 ora locale. Il treno ha riversato il suo carico di turisti intontiti in una Pechino avvolta nella nebbia. Dopo un giorno e mezzo in treno attraverso la Mongolia, il contrasto non potrebbe essere piu' drammatico. Li' spazi enormi e vuoti, deserto, cavalli selvaggi, sporadici villaggi popolati da abitanti sonnolenti. Qui, un mare brulicante di persone, macchine e biciclette e case, palazzi, insegne al neon e cemento ovunque.La stazione e' su un piazzale enorme e trovare una banca per prelevare un po' di yuan e' stata un'impresa. La fila per i taxi era piu' lunga di quella per entrare nel mausoleo di Lenin a Mosca e in piu', invece di stare in coda ordinatamente come i russi, i cinesi sono adottano la tecnica del "farsi avanti coi gomiti" e nel frattempo o imprecano o sputacchiano. Insomma, nel giro di un quarto d'ora eravamo sudati fradici e esattamente allo stesso punto della fila. Abbiamo dunque deciso di avventurarci in metropolitana dova la situazione non era molto diversa, ma almeno, dopo un primo tentativo fallito di salire su un treno straripante di persone, siamo riusciti ad arrivare a destinazione senza ulteriori disavventure. Dopo aver riposato per circa 5 minuti in albergo, ci siamo diretti verso la piu' famosa attrazione turistica di Pechino, piazza Tiananmen, nonche' la piazza piu' grande del mondo. Prima di tutto bisogna dire che i cinesi hanno un po' barato perche' la piazza e' tagliata in due da uno stradone e quindi tecnicamente la piazza e'da un lato solo. Dopo varie disquisizioni abbiamo deciso che la Piazza Rossa e' in realta' piu' grande. Al centro della piazza c'era un enorme insegna ad informarci che quest'anno cade il duecentesimo anniversario del partito comunista cinese e, pochi metri piu' avanti, un enorme schermo al plasma a ricordarci che la Cina e' il paese con il piu' sviluppo al mondo. Mentre camminavamo su e giu' per la piazza capitava spesso di essere fermati da persone che volevano essere fotografate insieme a noi. Giovani ragazze, o piu' spesso madri che spingevano i figli verso di noi per farsi fare una foto con Odd il gigante. Ed e' cosi' che abbiamo incontrato il gatto e la volpe. Due ragazze si sono avvicinate a noi, all'apparenza incuriosite dal nostro essere diversi, e hanno attaccato bottone. Una parlava bene l'inglese, l'altra sembrava piu' timida e impacciata. Studentesse del sul della Cina, cosi' ci hanno detto, a Pechino da poco, ancora con poche conoscenze, e desiderose di parlare inglese. Ci hanno invitato a fare una passeggiata con loro negli Hutong a sud della piazzae noi, ingenuamente, le abbiamo seguite. Dopo averci mostrato qualche bancherella tipica ci hanno proposto di bere qualcosa insieme e ci hanno portato in un minuscolo locale la cui insegna diceva "Tea house". Abbiamo ordinato del te' per tutti e continuato a chiacchierare amabilmente per un'altra mezzoretta. Nel frattempo loro hanno anche preso varie cose da mangiare, della frutta e degli strani crackers cinesi. Verso le 7 e mezza io e Odd abbiamo deciso di andare a cena e abbiamo chiesto il conto con tutte le intenzioni di offrire le merenda alle due ragazze. Quando il conto e' arrivato ci siamo resi conto della farsa. 750 yuan, pari a circa 80 euro per del te', frutta e biscotti. Ovvio che c'e' qualcosa che non va. A malincuore abbiamo pagato, perche' ormai non c'era piu' molta alterntativa (e non volevamo rischiare che tirassero fuori i coltelli) e ce ne siamo tornati in albergo con le pive nel sacco. Dopo pochi minuti di ricerca su internet abbiamo scoperto di essere stati vittima di una delle piu' frequenti trappole per turisti qui a Pechino. Finti studenti si avvicinano con il pretesto di voler parlare inglese e cercano di portarti in ristoranti o bar e spillarti quanti piu' soldi possibile. Insomma, l'esperienza cinese finora si e' rivelata un po' piu' dura del previsto, ma non abbiamo intenzione di farci scoraggiare. E anche voi lettori, se mai andaste in Cina, non fermatevi a parlare col gatto e la volpe!
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