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Arrivare dalle Ande e trovarsi di fronte delle vette ancora più alte fa un certo effetto.. Se poi ti dicono che è uno dei vulcani che circondano la città ed è considerato attivo allora vi fa capire il mio stupore quando ho messo piede ad Arequipa, la città bianca..
Forse non è il caso di fare paragoni con la città bianca di Ostuni altrimenti il mio amico Stefano viene fin qui e me le da di santa ragione..
Arequipa di per se non offre poi molto come città; il fatto che sia patrimonio Unesco poi non mi sorprende perché ormai qualsiasi città o parco o muro è patrimonio culturale mondiale..
Il nome Arequipa può derivare dal quechua "fermatevi qui" con il quale vennero accolti nel XVI secolo alcuni sudditi inca.
Per quanto riguarda l'appellativo di "città bianca" invece vi sono un paio di supposizioni: la prima vede la città costruita con pietre bianche risalenti dallo stesso luogo; la seconda invece, meno credibile, da l'origine del nome al colore dato alle case successivamente ad una eruzione del vulcano Misti dalla cui cenere bianca ricavarono appunto il colore per dipingere i muri della città..
La vicinanza con il Misti è comunque impressionante e con i suoi 5288 metri svetta solitario nella vallata arequipeña che raggiunge, appena, i 2330 metri sul livello del mare.
Decidiamo di fare un giro in centro per ammirare la Plaza Armas e la cattedrale che la sovrasta. Attorno alla piazza le vie si sviluppano a scacchiera come da usanza coloniale e nascondono mercati presso i quali si può mangiare con pochi soles e anche altre numerose chiese ed edifici storici.
Il monastero di Santa Catalina è probabilmente il punto più visitato della città ma i 35 soles chiesti all'ingresso ci hanno fatto desistere..
Ogni volta mi sorprendo che per un luogo di culto bisogna pagare un biglietto.. E ciò non è riferito solo alla religione cattolica ma anche buddista e musulmana che spesso richiedono tributi per entrare a visitarle..
Il tempo di organizzarci e subito prenotiamo il tour per visitare il Cañón del Colca, che dicano sia il 2º al mondo ma non ho capito se per altura o differenza dal punto più basso a quello più alto.
Il Grand Canyon visitato qualche mese fa mi ha fatto un effetto maggiore ma devo dire che anche questo ha il suo fascino.. Iniziare il descenso verso la valle con i condor andini girarti sopra la testa fa un certo effetto..
È il volatile più grande al mondo e Gian Carlos, la nostra guida, ci ha spiegato che non sono predatori ma si cibano di carogne abbandonate da qualche volpe.
Il fatto che non abbiamo artigli e becco degni della loro grandezza mi fa pensare che son tanto grandi per niente.. ;-)
Abbiamo notato qualche giovane condor (hanno un colore unico tendente al marrone) ma anche qualche adulto, il quale è riconoscibile per il collo bianco.
Il nostro tour del canyon prevede un percorso di 3 giorni che ci permette di visitarlo senza fretta godendoci i momenti di relax magari distesi su uno spiazzo verde (perché è appena terminata la stagione delle piogge altrimenti sarebbe giallo..) e sentire il rumore del Rio Colca ammirando queste pareti verticali che si tuffano a capofitto.
L'accoglienza della famiglia che ci ospita è molto cordiale e ci preparano dei pasti deliziosi principalmente con le verdure che riescono a far crescere nelle loro terrazze. Queste famiglie hanno saputo trarre beneficio da questo flusso turistico e, nonostante le strade inesistenti, riescono ad offrire ai visitatori acqua in bottiglie e addirittura birre e alcolici; ovviamente il prezzo è maggiorato (basti pensare alle 4 ore per salire il canyon e alle altre 4 ore per discenderlo con i muli carichi di ogni snack e bevanda quotidiana) e una bottiglia d'acqua piccola arriva a costare 5 soles ovvero quasi 5 volte di più che in città.
Il secondo giorno la camminata è stata più breve e abbiamo attraversato questi paesini dove vivono 70/80 persone (mi è sembrato una stima in eccesso) che si dedicano principalmente all'agricoltura!
Da un paio di mesi è stata inaugurata una "strada" che li collega con la cittadina principale e questo fa in modo che i giovani che stanno studiando ad Arequipa possano tornare, almeno durante le vacanze estive o pasquali, ad aiutare i loro genitori con la raccolta.
Attraversando questi paesini costruiti di pietre e lamiere si possono incontrare le donne del villaggio che, con i loro vestiti tradizionali, ci salutano cercando di vendere una bottiglia d'acqua piuttosto che un mango o una tuna.
La lingua principale nella valle è il quechua e ciò è dovuto alle famiglie che per prima sono venute ad abitare in questo canyon: i Collaguas che venivano dal centro del Perù e i Cabanas che provenivano dalla vicina cittadina di Cabanaconde.
Queste due famiglie si distinguevano per la forma del loro cranio che veniva deformato in maniera diversa fin da quando i bimbi compivano 1 anno.
Dall'arrivo degli spagnoli questa pratica fu proibita e oggigiorno li si possono distinguere grazie alla forma del copricapo che portano.
Dalle iniziali di queste due famiglie è nato il nome Colca.
La seconda notte la passiamo in un villaggio chiamato oasis che grazie a delle cascate nelle vicinanze si è saputo creare il suo giro di turisti attratti da queste piscine naturali che si possono vedere già dalla parte alta del canyon.
Il ritorno verso Cabanaconde inizia all'alba cercando di arrivare in cima prima che il sole possa cominciare a battere sulla nuca facendoci decuplicare gli sforzi.
Ci svegliamo alle 4:30 e subito pronti per salire i 1000 metri che ci separano dalla nostra meta..
Tra muli che ti passano al fianco e colibrì che ti sfrecciano sopra la testa, la strada si fa impervia e ci vogliono quasi 3 ore per arrivare sani e salvi alla cima.
Sono stati 3 giorni immersi nella natura e carichi di pensieri..
Si torna ad Arequipa ora pronti per ripartire verso il lago navigabile più alto al mondo: il Titicaca!
Ya man!
Nic
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