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Inizio a scrivere questo articolo in una pasticceria/bar di George Town a Penang in Malesia. Inizio a scriverlo proprio con il cellulare. L'idea di scriverlo proprio con il cellulare mi era venuta giorni fa e questa mattina si è concretizzata con il sottofondo di "American Pie" di Don McLean, il rumore e l'odore di tazze e piatti, del traffico di automobili e motorini che piano piano aumenta ma soprattutto per il motivo che tutte le persone presenti nel mio campo visivo, salvo le due gentili e competenti commesse, ma non si salva il pasticcere seduto, stanno fissando lo schermo di un telefonino.
Sembrano tutti concentrati, pare che stiano facendo qualcosa di importante, qualcosa di imperativo, con gli occhi fissi sullo schermo e le espressioni facciali che variano da ferme, immobili tipo "un-due-tre stella" passando da varie smorfie e arrivando ad una miriade di molteplici movimenti dei muscoli della fronte, delle palpebre, del naso e della bocca, come quando non si sa cosa decidere. Proprio come faccio io ora, quando non trovo le parole. A volte queste facce strane sono accompagnate da grattate di nuca con le dita della mano libera.
In certe situazioni, situazioni ormai standard nel treno-metropolitana sopraelevato di Bangkok (BTS), sembra che gli esseri umani non sappiano più come comunicare direttamente, senza l'uso di un cellulare. Un'altra volta mi sembrava di essere in una situazione completamente surreale, nel treno dall'aeroporto verso il centro di Bangkok, mentre tre giovani uomini di origini indiane ridevano e scherzavano ad alta voce. Portavano con loro delle grandi valige, probabilmente si raccontavano dei fatti accaduti durante una vacanza a Phuket o altrove, forse parlavano di casa loro, chissà. In ogni caso condividevano le loro emozioni, pensieri, idee, battute ed avventure. Senza fare l'uso di Twitter, Facebook, Instagram e senza utilizzare degli hashtag alla fine di ogni frase. In tutto il resto del treno silenzio assoluto e sguardi sui cellulari.
Queste situazioni estreme sono però quasi sempre delle eccezioni, anche se la tendenza dell'utilizzo senza sosta di telefonini o tablet è chiaramente in aumento. Purtroppo anche nelle fasce d'età più giovani. Penso che da parte dei genitori delle semplici regole, come esistevano ai miei tempi con televisione e videogiochi ma anche con bibite zuccherate e dolciumi, siano effettive per non creare una dipendenza da questi apparecchi.
Situazioni che variano, come qui nella pasticceria in Malesia, dove ora accompagnati da "Mamma Mia" degli Abba il rumore del traffico viene superato di alcuni decibel da due signori che discutono vivacemente sotto le arcate in stile coloniale inglese neoclassico del centro storico di George Town bevendo del tè.
Poco fa una ragazza mi è passata davanti, sorridendo in cenno di saluto, poi mentre aspettava la sua ordinazione sedutasi al tavolino accanto al mio, al posto del cellulare ha tirato fuori una tavolozza con un disegno a matita ed ha continuato a colorarlo. Un ritratto di gruppo bellissimo, raffigurante una famiglia o degli amici dai lineamenti asiatici. La ragazza studia arte.
Quindi non dico di buttare il cellulare, ma dico che a volte è meglio portarsi dietro un libro, un diario o un quadernetto per degli schizzi o disegni. Fare due chiacchiere con la persona accanto porta sempre a qualcosa. Per quanto siano pratici e intelligenti gli smartphone, penso che un utilizzo esagerato senza sosta ci limiti moltissimo in molti sensi. Dobbiamo imparare ad usare i social networks senza diventare asociali nella vita reale. Eh sì, la vita reale è là fuori in strada e sui marciapiedi di George Town e non qui in questo smartphone. Quindi ora lo metto via e quasi trionfante con "I love you baby" di Frank Sinatra torno nella realtà della vita.
PS: se siete in vena di nuovi libri vi consiglio questo romanzo, che ha in parte ispirato lo stile di questo articolo. Si intitola "Hitman Anders and the Meaning of It All" di Jonas Jonasson
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